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16 novembre 2010

Monumenti del Foro Romano: il Tempio di Vesta

Proseguendo la nostra passeggiata lungo la via Sacra, e dopo aver lasciato alla nostra sinistra il Tempio del Divo Giulio, incontriamo i resti di alcune colonne.
Sono i resti di uno dei tempi più antichi della Storia di Roma, il Tempio di Vesta.

Dedicato al culto della dea Vesta, che trarrebbe le sue origini già prima della fondazione di Roma (secondo la tradizione, anche Rea Silvia, la madre di Romolo e Remo, fu una vestale), il Tempio si presenta nelle sembianze finali, avute durante l'ultimo restauro, avvenuto nel 191 d.C. per volere di Giulia Domna, moglie dell'Imperatore Settimio Severo.

La funzione principale del Tempio era quella di custodire il fuoco sacro alla dea. Un compito difficile, quello di mantenere sempre accesa la fiamma, che dovette essere affidato a personale specializzato. Nella fattispecie, data la sacralità del posto, il mantenimento della fiamma fu affidato a delle sacerdotesse, le Vestali, che diventavano tali all'età di 6-10 anni e mantenevano l'incarico per circa trent'anni.
Anche se queste donne godevano di numerosi privilegi, esse dovevano restare vergini a vita, pena la morte per seppellimento.

L'edificio, di pianta circolare, era costituito da una cella, circondata da venti colonne corinzie e posta su un podio cementizio di circa 15 metri di diametro, a cui si accedeva mediante una scaletta. L'accesso al Tempio era vietato a chiunque, tranne alle sacerdotesse e al pontefice massimo.
Il tetto, di forma conica, aveva un'apertura alla sommità, per permettere al fumo di uscire liberamente.

Oltre all'altare, il Tempio conteneva il Penus Vestae, un luogo “blindato” in cui erano custoditi alcuni simboli misteriosi e segreti. Pare che al suo interno fosse custodito il Palladio, il simulacro sacro di Atena, che Enea portò dalla sua città, Troia.

Data la presenza continua del fuoco, l'edificio fu colpito numerose volte da incendi. Dopo quelli del 241 a.C. e del 210 a.C. il Tempio fu ristrutturato. Fu, invece, ricostruito quasi completamente dopo il grande incendio del 64 d.C. a opera (secondo la tradizione) dell'Imperatore Nerone.
Il Tempio fu chiuso definitivamente, e il fuoco spento, nel 391 d.C. per volere di Teodosio I, che abolì i culti pagani.
Fu riportato alla luce durante gli scavi archeologici di fine '800.

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7 novembre 2010

Pompei, crollo della Casa dei Gladiatori

È sopravvissuta a oltre duemila anni di Storia. Ha resistito a terremoti, alluvioni, alle bombe della Seconda Guerra Mondiale e all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., ma non ce l’ha fatta a non cedere all’incuria e al degrado e ieri mattina, 6 novembre 2010, poco più tardi delle 6, la famosa "Schola Armaturarum Juventis Pompeiani", meglio conosciuta come la Casa dei Gladiatori, si è sbriciolata come un biscotto, scatenando le polemiche e l’indignazione di tutti.

Probabilmente, non essendo ritenuta di interesse artistico rilevante, la Casa dei Gladiatori, un edificio usato in passato per gli allenamenti degli atleti dell’antica città romana, era rimasta chiusa per decenni, alla mercé del degrado strutturale, anche se la "palestra" era situata su una delle vie di maggior transito per i turisti, la Via dell’Abbondanza, che porta fino all’Anfiteatro pompeiano.

Secondo gli storici, la casa fungeva da sede di una associazione militare, nonché da deposito di armature. L'ampia sala dove si allenavano i gladiatori era chiusa con un cancello di legno. Su una delle pareti apparivano gli incassi che contenevano alcuni scaffali con le armature che furono poi ritrovate nello scavo. La decorazione dipinta, persa nel crollo, richiamava al carattere militare dell'edificio: trofei di armi, foglie di palma, vittorie alate, candelabri con aquila e globi.

Alcune delle dichiarazioni delle principali autorità sono state esternate usando toni molto duri. Il ministro dei Beni Culturali sostiene: «Alla luce dei primi accertamenti, il dissesto che ha provocato il crollo parrebbe imputabile a uno smottamento del terrapieno che si trova a ridosso della costruzione per effetto delle abbondanti piogge di questi giorni e del restauro in cemento armato compiuto in passato».
«Quello che è accaduto a Pompei dobbiamo, tutti, sentirlo come una vergogna per l’Italia» sono state le parole di rimprovero del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Il sindaco di Pompei ,Claudio D’Alessio, ha dichiarato: «Il crollo rappresenta una disgrazia per il patrimonio culturale dell’umanità. Ha lasciato l’intera cittadinanza esterrefatta», aggiungendo però: «I nostri gridi d’allarme non trovano ascolto e, invece, Pompei dovrebbe fare da traino all’economia dell’intera Regione Campania». E ha chiesto alle autorità una maggiore attenzione agli strumenti per il rilancio dell’intero patrimonio archeologico nazionale.

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